"Tutti i giorni, senza accorgercene, attraversiamo un reticolo di sistemi di verità, inscrivendoci nel perimetro delle loro verità statutarie, che tendono a irretire le dinamiche critiche e trasformatrici."

Pierangelo Di Vittorio, “Il discorso è una terra straniera”, Aut Aut 395, “L’altro che è in noi – soggetti e istituzioni”, Il Saggiatore.
L’iniziativa non nasce per patteggiare per alcuno schieramento politico, quanto piuttosto per sollevare domande e far sì che chiunque guardi i manifesti possa porsene.
Chi abbiamo davanti a noi è davvero chi dice di essere? Un volto credibile è per questo reale (e viceversa)? Il futuro è poi così futuro? Il passato è qualcosa di ormai lontano? Perché dovrebbe importarci?
Siamo diventati superficiali. Noi esseri umani, cittadini, siamo sempre più spesso vittime di concetti quali iper velocità e performance, sempre più frequentemente convinti di possedere verità, riducendo tutto, in un attimo, senza volontà di approfondire, senza accettare sfumature o contraddizione, a una questione di “bianco o nero”.
Manifesti - più di tutto mi ricordo il futuro
Manifesti - più di tutto mi ricordo il futuro
In questi manifesti i connotati di politici si sovrappongono, si mescolano, diventando irriconoscibili, trasformandosi in nuovi volti.
Sullo sfondo, “Persistenza della memoria” (1931), il famoso dipinto di Dalì con i suoi orologi molli, simbolo della relatività della percezione temporale.
“Memoria e futuro” è il tema affidato alle parole dello stesso artista; accostamento ossimorico. Eppure, per chi ‪sa‬ ‪dove guardare, il futuro non è certo poi così imperscrutabile.‬
Si potrebbe affermare che di “futuro” ne (co)esistano tanti (‪possibili) e, prendendo per buona la teoria del multiverso, ‬sarebbe addirittura ‪lecito asserire che alcune previsioni possano verificarsi (e altre farlo in altre dimensioni parallele).
Il punto di caduta dunque, a cosa porta in concreto un ragionamento o un’azione, è inevitabilmente spostato più in là, su questioni che ci troveremo ad affrontare.
Comprendere il passato, come sappiamo, serve a comprendere l’oggi. Ma è l’oggi che presto sarà passato, di cui dovremo fare analisi, assaggiarne i frutti, per poi fare altre nuove previsioni.